Alberghi al macero: quando la mancata consapevolezza diventa un danno per tutti

Ogni giorno mi confronto con albergatori che, dopo anni di lavoro, decidono di vendere la propria struttura o cederne la gestione.

Ed è normale: arriva un momento in cui si guarda avanti, si fanno i conti con le energie, con i risultati, e si pensa di passare il testimone.

Fin qui, tutto giusto. Ma spesso il vero problema arriva quando ci si siede a discutere delle condizioni economiche.

Nove volte su dieci mi trovo costretto a dire: “mi dispiace, ma a queste condizioni non posso consigliarlo a nessuno”.

Il motivo è semplice: le richieste sono fuori mercato, non sostenibili, scollegate dalla realtà economica dell’albergo.

E questo vale sia per le vendite che per le gestioni.

Il valore di un hotel non è quello che immaginiamo, né quello che abbiamo in mente per motivi affettivi o storici.

Il valore reale di una struttura ricettiva – e questo va detto chiaramente – si misura in base a quanto produce, in particolare nel comparto camere, che in moltissimi casi è l’unico vero generatore di utili.

Se non si è riusciti a sviluppare quel potenziale nel tempo, non si può pensare di chiedere cifre elevate al momento della cessione.

Qui entra in gioco un punto fondamentale: la stessa resistenza al cambiamento che ha limitato la crescita dell’albergo durante la gestione, si ripropone nell’atto finale, quello della vendita.

La riluttanza ad aggiornare la politica commerciale, a rivedere i canali di distribuzione, a cambiare strategia tariffaria… tutto questo si ripresenta pari pari nella fase della cessione, spesso con lo stesso identico atteggiamento: “abbassare il prezzo? Mai. Cambiare la richiesta di gestione? Neanche a parlarne.”

Il risultato? Strutture che rimangono ferme, chiuse, dimenticate.

Oppure che continuano a essere gestite con il freno a mano tirato, da persone che non hanno più motivazione né visione, in attesa di qualcuno che – se davvero competente e motivato – non accetterà mai di rilevarle a condizioni insostenibili.

Dobbiamo dirlo con chiarezza: è difficile pensare che un gestore oggi possa permettersi di versare più del 20% del fatturato camere annuo per una gestione.

Allo stesso modo, è poco realistico valutare una struttura oltre le 5 volte il suo fatturato camere.

Eppure, molte trattative partono da numeri totalmente scollegati da questi parametri.

Anche professionisti esperti, a volte, si fanno coinvolgere in operazioni economicamente svantaggiose fin dall’inizio, entrando in tunnel senza uscita.

Alla radice c’è una mancanza di consapevolezza: non si conoscono i numeri reali, non si legge il mercato, non si accetta la realtà.

Questo genera una frattura insanabile tra domanda e offerta.

E le conseguenze si ripercuotono su tutti: sul turismo italiano, che perde opportunità; sui lavoratori, che vedono sparire posti e prospettive, sugli stessi imprenditori, che diventano prigionieri del proprio ego.

La soluzione? Serve un cambio di prospettiva. Serve un atto di consapevolezza e responsabilità.

Dobbiamo ridare valore alle strutture ricettive affidandole a chi ha davvero voglia, competenza, visione.

Dobbiamo proporre prezzi di vendita e condizioni di gestione sostenibili, concreti, coerenti con la realtà.

Solo così si può innescare un circolo virtuoso che fa bene a tutti: al settore, all’economia, alle persone.

Continuare a difendere numeri che non stanno in piedi non è dignità, non è “non svendere”.

È autosabotaggio. Nessuno ci guadagna. Nessuno vince.

E invece il nostro settore ha ancora un potenziale enorme.

Ma va messo nelle mani giuste, partendo da basi sane.

Facciamo pace con il mercato, torniamo a lavorare con lucidità, trasparenza e lungimiranza.

Ne abbiamo bisogno tutti. E possiamo farcela.

Franco Grasso

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