Natale 2025: meno corsa all’occupazione, più valore

Città leisure cresce, montagna solida, lago protagonista

Natale 2025 si sta delineando come un momento di maturità per il turismo, soprattutto per quelle destinazioni che hanno imparato a leggere il mercato oltre il semplice dato dell’occupazione.

L’analisi dei tre cluster – Città Leisure, Montagna e Lago – mostra dinamiche diverse, ma accomunate da un elemento chiave: la crescita passa sempre più dalla qualità del ricavo, non dalla quantità delle presenze.

Non è un cambio di passo banale. È il segnale che molte strutture stanno finalmente uscendo dalla logica del “riempire a ogni costo” per entrare in una fase di gestione più consapevole, dove pricing, posizionamento e controllo della domanda diventano determinanti.

Abbiamo preso in esame le strutture gestite dalla nostra azienda per tutto il periodo delle festività, ed ecco la nostra analisi.

Città leisure: il mercato sembra freddo, ma la strategia paga

Il cluster Città leisure è quello che evidenzia il dato più complesso. L’occupazione media scende dell’1,32% rispetto all’anno precedente, un segnale che può essere letto come una minore spinta della domanda leisure urbana o come una maggiore selettività del cliente.

Eppure, il quadro cambia radicalmente se si osservano gli indicatori economici. Il ricavo medio camera cresce dell’1,88%, e soprattutto la produzione complessiva aumenta del 24,83%, un balzo importante che ridimensiona il peso del calo occupazionale.

Questo significa una cosa molto chiara: nelle città leisure si vendono meno notti, ma meglio.

Le strutture che performano non stanno rincorrendo l’occupazione marginale, bensì stanno lavorando su finestre di domanda più redditizie su segmenti con maggiore capacità di spesa e su una gestione più attenta dei minimi tariffari.

In un contesto urbano sempre più competitivo, questo approccio diventa una forma di difesa strategica: meno stress operativo, più marginalità.

Montagna: stabilità come asset competitivo

Il cluster Montagna racconta una storia diversa, fatta di continuità e solidità. Qui l’occupazione cresce del 4,49%, accompagnata da un incremento più contenuto ma significativo del RMC (+0,93%). Il risultato è una produzione in aumento del 6,41%, coerente con un mercato che si muove senza strappi.

La montagna conferma la propria capacità di attrarre una domanda programmata, spesso fidelizzata, meno sensibile alle oscillazioni improvvise del prezzo.

È un contesto dove il revenue management lavora più sulla precisione che sull’aggressività: piccoli aggiustamenti, controllo delle finestre di vendita, attenzione ai picchi stagionali.

Non si tratta di una crescita esplosiva, ma di un modello sano, che protegge il valore nel medio periodo e riduce il rischio di correzioni brusche.

In un mercato incerto, la montagna dimostra che la stabilità può essere un vantaggio competitivo.

Lago: quando il valore supera il volume

È il cluster Lago a emergere come il più performante dal punto di vista strategico.

L’occupazione cresce del 2,53%, ma il dato che fa davvero la differenza è l’aumento del ricavo medio camera (+6,85%).

Questo incremento si riflette direttamente sulla produzione complessiva, che segna un +16,17% rispetto all’anno passato, con un distacco netto anche rispetto ai due anni precedenti.

Qui il mercato manda un segnale forte: il cliente è disposto a pagare di più, a patto di percepire un valore chiaro.

Location, esperienza, servizio e posizionamento diventano leve decisive, e il pricing riesce a intercettare una domanda più internazionale, più consapevole e meno orientata allo sconto.

Il lago si conferma così come un laboratorio avanzato di revenue management, dove l’aumento del prezzo non frena la domanda, ma la qualifica.

Un filo rosso tra i tre cluster

Al di là delle differenze, i tre grafici raccontano una tendenza comune: l’occupazione non è più l’unico indicatore che conta.

In alcuni casi scende, in altri cresce moderatamente, ma è il valore generato a determinare la reale performance.

Questo cambio di paradigma impone una riflessione chiara agli operatori: continuare a inseguire il pieno può diventare controproducente se non è sostenuto da una strategia tariffaria solida.

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