La carenza di personale nel mondo dell’hôtellerie non è una novità dell’ultima stagione, è un problema che ci portiamo dietro da anni.
Eppure, nonostante lo si denunci da tempo, la situazione non accenna a migliorare, anzi, peggiora.
Turni scoperti, reparti sotto pressione, giovani che non restano: tutto questo non è una parentesi passeggera, ma la fotografia di un settore che sta facendo i conti con le sue scelte passate.
A furia di stipendi bassi, richieste professionali sempre più alte e una scarsa capacità di leggere i cambiamenti culturali in corso, oggi ci troviamo davanti a una realtà difficile da ignorare.
Le nuove generazioni vedono il lavoro in modo diverso da come lo vedevamo noi.
Per loro non è tutto, è una parte della vita e quanto sono disposti a dare dipende anche – e soprattutto – da come vengono trattati, dal tipo di ambiente che trovano, dal senso che riescono a dare al proprio ruolo.
Motivare oltre a formare il personale: la scelta vincente
Formare il personale è importante, ma non basta, perché la motivazione è il vero motore del lavoro.
È ciò che moltiplica ogni competenza ed è ciò che troppo spesso viene sottovalutato.
Un collaboratore motivato impara più in fretta, si adatta meglio, porta valore.
Ma se la motivazione è bassa, anche il più formato dei dipendenti fatica a dare il meglio.
Il problema, quindi, non è solo trovare persone, è chiedersi perché facciamo così fatica a tenerle.
E qui entra in gioco un tema spesso trascurato: la qualità del processo di selezione: assumere bene è fondamentale e non si può improvvisare.
Non basta guardare il curriculum, bisogna conoscere chi si ha davanti.
Capire in che momento della vita si trova, cosa cerca oltre allo stipendio, cosa lo muove davvero.
Perché assumere in fretta, senza criterio, porta a turnover, stress e costi nascosti che pesano molto più di quanto pensiamo.
Lo stipendio minimo, poi, è solo il punto di partenza, perchè- parlamoci chiaro – non è il massimo che possiamo offrire.
Se un collaboratore ha potenziale, trattiamolo di conseguenza, perchè un aumento ben pensato può generare un impatto enorme su motivazione e produttività.
Diecimila euro in più all’anno sembrano tanti? Forse sì.
Ma se quella persona fa lavorare meglio tutto il team, riduce i problemi e alza il livello del servizio, sono soldi ben spesi.
Perdere una risorsa valida ha un costo enorme, non solo economico, ma anche in termini di tempo, energie e spirito.
Ogni volta che si riparte da zero, si disperde un patrimonio di competenze, fiducia e stabilità e ricostruirlo non è mai facile.
Ecco perché trattenere le persone è il vero punto, ma non lo si fa solo con i soldi.
Lo si fa con il dialogo, con il riconoscimento, con la crescita, con l’attenzione costante alla persona.
Anche quando serve un richiamo, deve essere costruttivo, non punitivo.
Un buon dipendente va seguito, accompagnato, ascoltato: serve energia, certo, ma quell’energia, se spesa nel modo giusto, torna indietro con gli interessi.
L’azienda che cura il suo team, guadagna di più
Un’azienda che si prende cura del proprio team lavora meglio, risparmia tempo, risolve meno problemi, affronta meno emergenze.
E sì, guadagna di più, quindi non è solo una questione etica, è anche – e soprattutto – una questione di visione imprenditoriale.
Il cambiamento non si fa con slogan motivazionali o corsi lampo, si fa ogni giorno, nelle scelte concrete, nel modo in cui si ascolta un collaboratore, gli si riconosce un impegno, nel modo – insomma – in cui si crea un contesto dove le persone vogliono restare.
Da imprenditore a imprenditore, la vera domanda non è solo “come trovo personale?”, ma “che tipo di ambiente sto costruendo per meritarmi persone valide e tenermele strette?”
Perché oggi non vince chi ha più CV in archivio, vince chi costruisce legami di fiducia che durano nel tempo.
Franco Grasso