Camere pro bono: l’ospitalità come atto d’amore

Ogni azienda, non solo quelle del settore turistico, dovrebbe contribuire in qualche modo al bene comune.

C’è chi lo fa sostenendo progetti sociali, chi con donazioni o iniziative culturali.

Nel caso degli hotel, un gesto concreto e profondamente coerente con la propria natura potrebbe essere quello di mettere a disposizione camere pro bono: pernottamenti gratuiti per chi, in un certo momento della vita, non può permetterseli.

Sappiamo bene che, soprattutto in bassa stagione, alcune camere resteranno inevitabilmente vuote.

Allora perché non concederne una o due a chi ne ha davvero bisogno?

Il costo per l’albergatore sarebbe minimo, ma l’impatto umano e sociale enorme.

Non sto pensando a chi vive in strada in uno stato di indigenza assoluta poiché credo che in quel caso siano altre le cose che andrebbero fatte (come, ad esempio, l’allestimento di piccole sfere riscaldate da mettere nelle strade, cosa che in realtà già si fa in alcune città), ma penso a persone che non hanno opportunità di concedersi una camera d’albergo: genitori separati che vogliono incontrarsi con i loro figli o tutti coloro che attraversano una gran brutto periodo della loro vita che sono senza energie vitali e senza soldi.

Per molti di loro, anche una sola notte in un ambiente sereno e accogliente può rappresentare una parentesi di sollievo, un piccolo passo per ricominciare.

Ovviamente, una scelta di questo tipo richiede organizzazione e attenzione.

La selezione dei beneficiari andrebbe gestita con trasparenza e delicatezza, magari in collaborazione con i servizi sociali o con associazioni locali che già operano sul territorio.

Ma con la giusta rete di partner, il rischio si riduce e il valore cresce.

Per l’albergatore, oltre alla soddisfazione personale di fare la cosa giusta, potrebbe esserci anche un ritorno di reputazione.

Immaginate un bollino etico per gli hotel che ogni anno mettono a disposizione un certo numero di pernottamenti pro bono: una forma di riconoscimento che comunica sensibilità, senso di responsabilità e un’idea di ospitalità che va oltre il profitto.

In fondo, l’hotel è da sempre un simbolo di accoglienza.

Aprire le sue porte anche a chi non può permetterselo significa riaffermare i valori più autentici di questo mestiere: l’empatia, la solidarietà, il prendersi cura dell’altro.

Ogni pernottamento concesso gratuitamente è un piccolo atto d’amore, e l’amore — come la generosità — è un’energia che circola e torna.

Se più operatori decidessero di aderire, questa potrebbe diventare una vera rete di ospitalità solidale, capace di ispirare altri e di trasformare un semplice gesto in un movimento culturale.

Forse non risolverà tutti i problemi del mondo, ma può renderlo un posto un po’ più umano.

E in fondo, non è proprio questo il senso più profondo dell’accoglienza?

Franco Grasso

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